Ray Bradbury – Ritornati dalla polvere

Pubblicato nel 2001, iniziato nel 1945, cresciuto attraverso una serie di racconti. Fotografie di una famiglia strana e bizzarra, dai componenti inquietanti, ma profondamente umani; così tanto che se ti lasci prendere dal racconto, ti fanno dimenticare le stranezze dei caratteri e gli aspetti che dovrebbero inorridirti.

Ho letto recensioni tremende su questo libro… che vanno dal kitsch al tradimento della patria (intesa come patria stilistica dell’autore). Opinioni (e come tali da rispettare) che personalmente non condivido, perché a me è piaciuto e ho ritrovato la voce di Bradbury, quello che guarda verso l’interno delle persone, che ti mostra le cose come le guardassi  attraverso un vetro leggermente colorato di poesia, anzi meglio ancora… come quando, arrivando dal freddo dell’esterno,  entri in un ambiente(sconosciuto) caldo e ti si appannano gli occhiali e non vedi più niente; ecco, nel momento in cui non ci vedi hai due scelte: o li togli e per un po’ non ci vedi più o li tieni e osservi le cose attraverso il vapore che si dirada e che piano piano si svelano e, prima di tornare a essere visibili per quello che sono, passano per uno stadio intermedio in cui non sono né nitide né invisibili, sono diverse.

Agli inizi di questa storia  Bradbury iniziò una collaborazione con un illustratore che si chiamava Charles Addams, che stava iniziando allora a sviluppare una saga su una famiglia… (ricorda niente?)  chi dei due abbia influenzato l’altro non si sa e non importa.

Dal cilindro delle storie pesco  il personaggio di Cecy e il racconto “La Strega vagabonda”, insolita, originale, (improbabile’) possibile spiegazione di un certo tipo di irrazionalità .

Qui c’è un Bradbury fantasy, uno dark, uno soft horror, uno nostalgico e intimista, uno umoristico; che scrive di misteri e, ancora una volta, attraverso  tutto il resto, di persone (testarde, fragili, ingenue, che sognano).

È un libro “leggero”, ma ci vogliono anche loro; è appunto per questo, con buona pace degli stroncatori, che a me è piaciuto.

 

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GEARBEST – Effettuare un reso (senza diventare matto)

L’articolo è arrivato.

Purtroppo è difettoso e allora bisogna segnalarlo.

La prima parte è abbastanza semplice: si va nell’elenco degli ordini e, sulla destra, in corrispondenza all’articolo si trova la voce After-Sales Application (raggiungibile anche dalla sezione TICKET).

Nella finestra che si apre troviamo il form per inserire le indicazioni; anche qui è tutto abbastanza facile, tranne che per due passaggi che, all’inizio possono creare qualche difficoltà (almeno a me le hanno create).

1) la richiesta del codice SKU

2) la comparsa, dopo aver inviato il form, del messaggio Check your goods

e successivo annullamento del form (e la necessità di inserire nuovamente tutte le informazioni).

alla fine ho risolto in questo modo:

1) la richiesta del codice SKU

innanzitutto, portati sull’articolo e, dove il link è attivo,  seleziona apri in una nuova scheda, dal menù del tasto DX (così puoi lavorare con calma passando da una schermata all’altra)

il codice SKU si trova in ogni pagina del catalogo di fianco al nome dell’articolo, solo che è scritto in caratteri BIANCHI su fondo BIANCO.

(la logica, sinceramente, mi sfugge…)

Bisogna quindi selezionare lo spazio bianco a DESTRA del nome ( dove apparentemente non c’è niente)

magicamente compare il codice

e quindi, col menù del tasto DX, scegli COPIA

 

poi, ovviamente, torna alla pagina del form e inserisci il codice.

2) la comparsa, dopo aver inviato il form, del messaggio Check your goods

per evitare che succeda, inserisci il numero d’ordine ( se non lo sai, clicca su MIEI ORDINI, scritto in rosso , a dx) e DOPO aver inserito il numero d’ordine, clicca sul rettangolo RICERCARE

compariranno gli oggetti compresi, appunto, in quell’ordine: spunta il riquadro in basso relativo all’articolo in questione.

e prosegui nella compilazione dei campi richiesti.

Il resto è semplice.

 

 

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Art?

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Blur

Le foto sfuocate o mosse, hanno il fascino dell’indefinito. Sono sfuggenti. C’è dentro qualcosa che non riesci a riconoscere, ma forse non è necessario.  Mi piacciono così, colori che posso far diventare quello che voglio oppure solo guardarli per quello che sono, macchie.

E mi piacciono così.

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Inverno

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